Ci sono Chicken che non sono più qui a raccontare la loro storia. Tonino Vinci è uno di questi. Così abbiamo chiesto aiuto a sua moglie Nadia, che delle interminabili trasferte in pullman qua e là per il Nord Italia era spesso ospite, e che era vittima costante delle persecuzioni verbali da parte di alcuni della squadra. Sulla strada del ritorno, nel buio della notte ormai calata, con la comitiva rintronata dalle botte e dal terzo tempo, si levava all’improvviso un urlo belluino: <NADIAAAAAAA!>.
Quando era nato Tonino?
“Il 17 aprile 1960 a Pietraperzia, in provincia di Enna”.
Come era arrivato al rugby e al Chicken?
“Tutto comincia in viale Ungheria, a Milano, dove era arrivato a nove anni quando era emigrato al Nord con la famiglia. In viale Ungheria era diventato amico di un ragazzino appena più grande di lui, che si chiamava Saverio Avalli, e che aveva iniziato a giocare nel Chicken. Ed è stato Saverio a un certo punto a portarlo in squadra, credo che avesse intorno ai quindici anni”.
La storia di Saverio e Tonino è, tra le tante storie di amicizia che hanno attraversato i sessant’anni del Chicken, una delle più leggendarie. Fratelli, più che amici, e praticamente inseparabili. Avevano entrambi in regalo dalla natura dei fisici pazzeschi, scultorei. Così fu inevitabile che Avalli e Vinci venissero ribattezzati “I Bronzi“, come le due statue che pochi anni prima erano stati ripescati dal mare a Riace, in Calabria.
Qual era il legame tra Tonino e il Chicken, cosa lo appassionava?
“Credo quello che vi appassiona tutti: la passione per il gioco, certo, ma soprattutto l’aggregazione, il sentirsi parte di un gruppo. Però con me fu molto chiaro dall’inizio. Ci mettemmo insieme che io avevo diciott’anni e lui ventidue e mi spiegò: guarda, il rugby c’è, tu quello che vuoi fare fai, io due volte alla settimana mi alleno e la domenica gioco e su questo non c’è niente da fare. Così se volevo vederlo dovevo venire in trasferta”.
Il Chicken di allora era una bella gabbia di matti, non deve essere stato facile per una ragazza trovarsi a proprio agio.
“Era una squadra di bravi ragazzi. Tant’è vero che ho finito con l’appassionarmi anche io al rugby anche se toglieva tempo a me. E ancora oggi continuo a guardare le partite in televisione”.
Di tutta quella generazione del Chicken, Vinci fu uno dei primi ad andare a lavorare sul serio, operaio alla Innocenti di Lambrate. Poi con Nadia andò ad abitare a Cinisello Balsamo, e si spostò in una fabbrica della zona. Nel frattempo il Chicken aveva traslocato a Rozzano, praticamente agli antipodi della città, così continuare ad allenarsi e a giocare diventò difficile. Ma riuscì ad essere nella squadra che nel 1995 conquista la promozione che riporta il Chicken in serie C.
C’è un ricordo, una partita che gli era particolarmente caro?
“Viveva ogni partita con una grande passione, per lui erano tutte importanti. Ma c’è una immagine che lo racconta perfettamente, ed è una fotografia scattata alla fine della partita della promozione, nel 1995. C’è tutta la squadra che festeggia. Invece lui è per terra, a soccorrere un compagno che aveva finito la partita un po’ malconcio. Era un ragazzo generoso”.
Tonino Vinci è morto il 17 luglio 2004.
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